Diario di viaggio in Tanzania: alla scoperta di tutti i volti dell'Africa

Diario di viaggio in Tanzania: alla scoperta di tutti i volti dell’Africa

Diario di viaggio in Tanzania: alla scoperta di tutti i volti dell'AfricaLa decisione di organizzare un viaggio in Tanzania è stata quasi una scommessa, in cui nessuno di noi credeva davvero: una di quelle cose che si dicono fra amici a tarda sera dopo una birra, ma che in realtà tutti sanno che non si realizzerà mai. Quel “facciamo un viaggio in Tanzania”, per me era invece una decisione presa, tanto che già dopo una settimana avevo selezionato i possibili giorni di partenza e di ritorno per mettere d’accordo tutti.

Il 3 d’agosto l’aereo della KLM ci conduce a Dar es Salaam. La città, brulicante di folla in movimento, ci accoglie mostrandoci subito che l’occidente era lontano, eravamo atterrati in Africa: una terra ricca di contrasti, pronta a mostrare il vero volto della natura ma anche l’aspetto più crudo della povertà, segnato, in ogni caso, da un sorriso aperto e sincero. Il soggiorno a Dar es Salaam è durato solo una notte, necessaria a riprendere le forze dopo il viaggio, e restituirci le energie necessarie a cominciare la vera vacanza: il safari ci avrebbe condotto dalle falde del Kilimangiaro alla foresta pluviale del Ngoro Ngoro sino allo spettacolo offerto dalla riserva del Serengeri, per poi riportarci sulla costa, dove avremmo trascorso gli ultimi giorni distesi a lasciarci baciare dal sole.

Il secondo giorno di viaggio, non avendo idea che pole pole (piano piano) non era solo un modo di dire ma un vero stile di vita, siamo rimasti in fila ad attendere al terminal Ubungu più di un’ora l’arrivo del bus che ci avrebbe condotti, dopo 12 ore di viaggio, ad Arusha, la base madre per la visita di tutti i parchi del nord. Ad Arusha siamo riusciti a scovare un albergo non troppo costoso, ma nemmeno troppo economico: l’abbiamo preferito fra tutti, non solo per il prezzo, ma soprattutto per la pulizia e per il panorama mozzafiato. Arusha, alle falde del Kilimangiaro, stuzzica al trekking sulla montagna, di cui abbiamo avuto un breve ma faticoso assaggio per un giorno intero: 18 chilometri, tra andata e ritorno, avvolti nella foresta tropicale che circonda le pendici.

Dopo l’esperienza travolgente del Kilimangiaro, la fatica e la soddisfazione della salita, e la sensazione palpabile di toccare le nuvole con la punta del naso, ci siamo affidati alle cure di un’agenzia locale, che in jeep 4×4 ci ha accompagnato sino alla Ngorongòro Conservation Area, il luogo più magico che gli occhi umani possano vedere. Al cospetto del cratere, immenso, ci si sente piccoli ed allo stesso tempo bramosi di scendere per guardare negli occhi, o quasi, le comunità di elefanti, leoni, ghepardi, iene e bufali, ma anche gnu. Una folla di animali all’apparenza sonnacchiosi, ma che in realtà difendono con prepotenza il loro territorio, come l’elefante che disturbato forse dal rumore del motore, o dal nostro vociare troppo concitato ha continuato ad inseguirci sino a quando la jeep, in mezzo ad un polverone di terra rossa, non è scomparsa alla sua vista. Il soggiorno a Ngorongoro è uno dei ricordi più suggestivi che porto dell’Africa: la birra sorseggiata al tramonto dal balcone che dava direttamente sul cratere ci diceva che l’Africa era tutta lì, davanti ai nostri occhi.

Staccarsi da Ngorongoro è stato difficile, è qui che ha comiciato ad assalirci il “mal d’Africa”. Il tempo a disposizione ci ha permesso di fare capolino solo per un giorno alla Riserva di Serengeti dove la meraviglia della vegetazione e degli animali che la popolano, meritavano almeno un giorno in più.

Il ritorno ad Arusha e a Dar es Salaam è stato sconvolgente: come ogni ritorno avevamo coscienza che stavamo abbandonando quel pezzo d’Africa che ti ruba il cuore, e che saluti sempre con un arrivederci e mai con un secco Addio, sperando prima o poi di poter godere ancora di quel silenzio surreale, dell’orizzonte sconfinato e dei colori caldi della natura. Da Dar es Salaam, dopo due giorni di mercati, abbuffate di pesce e qualche localino notturno assolutamente insolito, non potevamo privarci di qualche momento di totale relax in riva al mare: l’approdo, dopo 90 minuti di aliscafo, a Zanzibar, ci ha rivelato il volto più straordinario dell’Africa. Palme e spiaggie bianche come soffice farina ci hanno catapultato in un altro mondo, un universo alieno, semplice e genuino, in cui quel pole pole ha preso il sopravvento divenendo parte integrante delle nostre ultime giornate in Africa: solo rallentando i ritmi della frenesia a cui siamo abituati, abbiamo potuto godere sino in fondo anche solo dello scroscio delle onde che ci sfioravano i piedi, solo rallentando ed osservando ogni dettaglio, abbiamo capito perché questo è considerato il Paradiso Perduto da tutti coloro che ci sono stati almeno una volta nella vita. Jambo Tanzania, e Tutaonana! (Ciao Tanzania, Ci Rivedremo)


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